Pir o Eltif? Guida ragionata alla scelta

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Entrambi sono risorse importanti per le Pmi alla ricerca di risorse per crescere. Ma in cosa si distinguono i piani individuali di risparmio dagli european long term investimenti funds? L’analisi del Centro Studi October

Il Centro Studi October, la piattaforma di P2P lending leader in Europa continentale per il finanziamento online per le imprese, passa in rassegna similitudini e somiglianze dei due strumenti. 

Struttura, target e tipi di investimento. I piani individuali di risparmio (Pir) che a breve saranno oggetto di novità con i decreti attuativi della legge di Bilancio, “non sono dei veri e propri veicoli ma dei contenitori fiscali che possono accogliere al proprio interno diverse tipologie di strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, Etf ecc). Uno dei tratti più significativi dei Per riguarda il regime di esenzione fiscale: se vengono rispettate le norme sui sottostanti e se lo strumento viene detenuto per almeno 5 anni, non si applicheranno né le imposte sulle rendite da capitale né quelle successorie”.

Le agevolazioni di cui i Pir godono vincolano la loro applicazione. Gli importi raccolti devono infatti essere investiti al 70% su titoli emessi da aziende italiane o comunitarie con stabile organizzazione nel nostro paese. In ogni caso, il 21% complessivo deve essere rivolto specificatamente su titoli emessi da aziende quotate in segmenti diversi rispetto al Ftse Mib (MidCap, Star, Standard o Aim)”.

Gli european long term investments funds (Eltif), invece, “non godono di benefici fiscale e la loro struttura è profondamente diversa. Non sono contenitori fiscali ma veri e propri fondi chiusi di investimento. Questa distinzione, solo apparentemente formale è invece molto importante. La struttura dei fondi chiusi fa sì che i capitali raccolti dagli investitori possano essere rimborsati solo a scadenza o dopo un lasso di tempo specificato dal regolamento del fondo. I capitali dunque sono impiegati secondo un orizzonte temporale che non è di breve ma di lungo periodo”.

“I gestori italiani che negli ultimi anni si sono impegnati a collocare i Pir tra i risparmiatori, hanno convogliato le risorse in fondi aperti Pir compliant, decidendo dunque di privilegiare l’investimento su titoli molto liquidi (prevalentemente azioni di società già quotate) evitando così investimenti azionari illiquidi. Privilegiando, però, strumenti immediatamente liquidabili, l’effetto è stato quello di gonfiare le quotazioni di imprese i cui titoli erano già negoziati sui mercati regolamentati”.

“Invece i capitali raccolti negli Eltif possono essere investiti in un’ampia gamma di sottostanti che non si esaurisce solo in titoli di debito o di equity di aziende già quotate ma abbraccia anche il private debt, i minibond e le piattaforme fintech”. 

Diversificazione. “Accanto al rischio geografico (i Pir sono destinati esclusivamente ad aziende attive sul mercato italiano), va considerato anche quello intrinseco degli strumenti su cui si può investire con i Pir. Infatti, i titoli detenibili in portafoglio sono emessi da imprese di piccola/media capitalizzazione. La nuova legge di bilancio ha, inoltre, modificato la disciplina dei PIR, imponendo l’obbligo di investire il 7% del capitale su fondi di venture capital e su azioni emesse da società quotate sul mercato Aim, strumenti il cui profilo di rischio mal si concilia con quello dei risparmiatori retail. Gli Eltif, invece, si muovono in un’ottica di lungo periodo che offre agli investitori dei profili di diversificazione interessanti e de-correlati rispetto all’andamento dei mercati finanziari”.

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