Un Pil congelato da vent’anni intorno a tassi di crescita che non superano il 2% e la graduale riduzione delle capacità espansive dell’economia in corso da trent’anni a questa parte, hanno portato l’Italia all’attuale stato di recessione tecnica. Il centro studi Moneyfarm è convinto che in questo contesto, l’investitore deve tenere conto di un fattore in particolare: l’equilibrio dei conti pubblici.
Molto dipende dal rischio che una recessione decisa li metta a rischio. Un timore che si rafforza, secondo Moneyfarm, se si pensa al comportamento dello spread che ha dimostrato che l’Italia è percepita dai mercati, a torto o a ragione, come l’osservata speciale e per molti una delle prime geografie dalla quale ritirarsi in caso di un aumento dell’avversione al rischio sul mercato.
Il suggerimento del centro studi è di investire in modo diversificato, per proteggere il proprio capitale nel medio-lungo termine dai rischi specifici legati al sistema Italia. La dinamica economica tende a riflettersi sugli andamenti azionari.
Anche sul fronte lavoro le cose non vanno bene. La crescita della produttività del lavoro è stata molto più lenta in Italia rispetto agli altri paesi del G7, addirittura stagnante a partire dal 2001, nota Moneyfarm. La produttività del lavoro misura la
quantità di Pil generato per ogni ora lavorata in un determinato periodo di tempo. Ovviamente non è un giudizio sulla produttività di una popolazione. Si tratta di una misura di cui è molto complesso leggere il significato, per la quantità dei fattori che contribuiscono alla sua determinazione. Come rilanciarla? La politica riveste un ruolo importante, anche se - nota il centro studi - sembra impegnarsi a individuare le colpe o i meriti di una dinamica di Pil di breve termine.
6 Febbraio 2019
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